Nel 1904, quando Joseph Conrad scrive “Nostromo”, il sogno
coloniale spagnolo è ormai tramontato, con la definitiva indipendenza di Cuba,
ma altre potenze continuavano a cavalcare la logica della conquista sui
territori lontani e l’antropologia era ancora una disciplina asservita a questa
classe dominante. C fa parte di quegli autori che vissero a metà tra il romanzo
e lo studio, facendo dell’esotismo uno specchio della disillusione. Per il
signor Charles / Carlos Gould,
successo è un imperativo morale che va oltre il semplice desiderio di ricchezza
materiale. La modernizzazione che ha portato nelle colonie una spinta al
progresso civilizzatore di tipo commerciale,
in molte zone del Costaguana non è ancora penetrato capillarmente e, ricordando
certe pagine sociologiche di Manuel Scorza e addirittura l’analisi
dell’economia umana di Rawls, gli scenari descritti da C mostrano una realtà
improntata sullo sfruttamento indiscriminato della forza lavoro indigena e
contadina da parte di un élite da operetta. La miniera d’argento e la
concessione Gould sono l’emblema di questa pratica trasformata in ideale, ossia
il simbolo della visione politica intellettuale, distorta dalla sua
applicazione. La miniera diventa, infatti, una sorta di malattia che conduce
alla perdizione tanto Gould Senior che il figlio Charles /Carlos, nato nella
colonia ma ancora percepito come “inglese” dalla popolazione. La raffigurazione
iconografica della nuova borghesia sintetizza uno sguardo che, all’epoca
dell’indipendenza e nei primi anni del Novecento si rivolgeva ancora all’Europa
come modello, nel tentavo di negare la sincretizzazione culturale e affermando
un’innaturale teoria d’imbiancamento. Da un lato si guardava all’Inghilterra,
dall’altro alla Francia. Ecco quindi la dicotomia Gould / Decoud, che riproduce
l’opposizione letteraria tra Don Quijote e Sancho.
Martin Decoud è
un giornalista “afrancesado” che “si
crede più francese di un parigino” e lavora nella redazione del Porvenir, una testata creata ad arte come
strumento di legittimazione del potere, ma presto egli si ribella al suo ruolo
di subordinato che noi potremmo definire “unbedded”
per trasformarsi nel portatore delle teorie liberali. Si potrebbe pensare che
Nostromo e Decourd rappresentino le due anime di Cornad: da un lato il capitano
di lungo corso e dall’altro lo scrittore. Se così fosse, si potrebbe seguire
l’ipotesi del saggio di Frank Raymond Leavis e sostenere che l’autore di
“Nostromo” altri non è se non il giornalista che, senza fermarsi al compiacimento
di un modesto successo del dilettante, cerca di “dare un valore spirituale alla
propria attività”.
Alcune fonti
riportano che la figura del fiero capataz
Giambattista Fidanza detto Nostromo
è stata ispirata a Conrad dal marinaio Domenic Cervoni,[i]
conosciuto dall’autore durante il suo viaggio verso le coste venezuelane. Egli
è l’incarnazione del tipico eroe conradiano: all’apparenza integerrimo ma in
realtà “corrotto” dalle sue stesse aspirazioni. È una nuova versione protagonista
del primo romanzo, quell’Almayer condotto alla follia dalla sua sete d’oro.
Sempre Leavis sottolinea la divergenza tra la personalità di Nostromo, mossa
dall’orgoglio del prestigio, e quella del dottor Monygham, inviso come uno iettatore e completamente indifferente alla
diffidenza del popolo.
Considerando questa caratterizzazione – per quanto vaga e
universalizzabile – e le descrizioni di tipo geografico immaginate da Conrad,
Juan Gabriel Vásquez nel suo “The Secret History of Costaguana” colloca “Nostromo”
in Colombia o forse in Venezuela. Effettivamente, gli scenari politici del
romanzo richiamano molto i primi anni d’Indipendenza in Venezuela, quando
innumerevoli guerre e ribellioni scossero il Paese che cercava di affermare una
propria via politica e culturale prendendo a modello la modernizzazione inglese
e francese. Le rivolte che infiammano le città del Costaguana sono un calco
della lunga sequela di guerre di quel travagliato periodo e, volendo cercare un
punto di riferimento reale nelle pagine della Storia, il pensiero va ad Antinio
Guzmán Blanco, uno dei più importanti statisti sorti dall’opposizione tra i
ribelli federali del Liberalismo Amarillo (Liberalismo Giallo) e il governo
conservatore dopo la Guerra Federale (1859-63). [ii]
A parte questo, F. R. Leavis riconosce l’influenza franca
nello stile e persino nelle tematiche generali di Conrad, che soggiornò per
diversi mesi nella Parigi bohémien del 1876. Il critico rimanda a un’ipotetica
prossimità con Flaubert nell’economia del romanzo di Conrad, in cui ogni personaggio
ha la sua ragion d’essere in funzione degli altri, formando una stretta rete di
dicotomie. Non solo quella tra Charles Gould e Martin Decuod: ancor più
significative per tracciare una linea morale e descrivere quello che alcuni
chiamerebbero progresso sono le coppie Decoud / Nostromo e Gould / Hernández, laddove la prima oppone
l’illuminismo liberale alla vanità personale che muove le azioni del marinaio
italiano – e dunque la l’antitesi più profonda, fa notare sempre Leavis, è
forse tra l’intellettuale e il vecchio garibaldino genovese Giorgio Viola. Il padrone della locanda “Albergo Italia Una” è
contrario a chiunque rappresenti le istituzioni ed è anche l’unico che resta
integro nelle proprie convinzioni, ancora arroccato alle sue posizioni utopiche
di repubblicano ma destinato a cadere nel tragico errore portato dal destino,
dalla senilità o forse da una volontà mascherata.
La seconda coppia segna piuttosto una penetrante analogia
tra “il padrone della miniera”, simbolo del futuro sviluppo basato sullo
sfruttamento delle masse povere, e “il padrone del Campo”, il bandito Hernández
che comanda la sollevazione popolare.
La storia, concepita fin dall’inizio per svilupparsi in una
struttura articolata, è quindi una complessa invettiva contro gli interessi
materiali che “Hanno la loro legge, la loro morale, la loro giustizia” ma si
basano su una logica inumana, priva di quella coerenza e di quella onestà che
si possono trovare solo in un principio morale. La profonda contrapposizione
tra concetti utilitaristici e ideali contamina tanto i rapporti interpersonali
quanto la storia collettiva.
Nel corso del romanzo, il registro stilistico varia secondo
gli eventi: la prima parte è un excursus quasi statico sulla storia personale
dei protagonisti in rapporto con le vicende collettive dello Stato mentre la
parte centrale riporta gli scontri militari riproducendo il caos e l’incertezza
della guerra civile. Così la scena del naufragio mescola momenti quasi comici
(la comparsa del commerciante Hirsch, fuggito dai disordini) a toni cupi che
sembrano derivare dal gotico mentre nell’ultima parte dà ampio spazio a un
melodramma che inspessisce i fili della trama.
Seguendo uno schema tipico dei suoi ultimi lavori, Conrad
passa dalla terza persona onnisciente alla prima persona, per coinvolgere il
lettore nel resoconto dei fatti, attraverso questo processo – e con i canoni
che poi si ritroveranno in parte nel realismo magico – l’autore lascia
intravedere l’amarezza e la disillusione di fronte alla cecità della politica
istituzionale, sospinta da una schiera di militari in continua
rivoluzione. Tuttavia, una volta trovata
una soluzione alla situazione dei lealisti assediati, una cesura temporale
illustra le conseguenze del mutamento di rotta ai vertici, Accanto a Hernández,
ci sono i due fratelli Montero – il
teorico e l’uomo d’azione – che in una sintesi geo-politica universalizzante
potrebbero rispecchiare il ruolo di Emiliano Zapata e Pancho Villa in Messico.
Su un gradino gerarchico superiore, troviamo il vecchio Colonnello Avallenos, simbolo dell’utopia di governo. Infine il Capitano Mitchell, che potremmo porre a
un livello esterno, con il corollario di milionari stranieri interessati ai
profitti della concessione, persone incolori, talmente avulse dalla realtà da
non aver consapevolezza dei possibili pericoli che la situazione di tensione
comporta, estranei al punto da chiamarsi fuori dal logico procedere
dell’azione. Alcuni commentatori hanno notato che i personaggi agiscono in modi
che non rispondono alla normalità ma, come altri contestano, non avrebbe senso
calare nella quotidianità delle figure eminentemente simboliche.
L’accostamento con la letteratura del boom latino-americano
può apparire azzardato, se non altro per la diversità nei toni retorici, ma gli
elementi costitutivi ci sono tutti: le battaglie combattute e perse mille volte
in nome di un’astrazione e gli uomini che perdono il senno fino a rovinarsi
l’esistenza o fino a perdere il contatto con la realtà (il vecchio Viola ha
qualcosa di Arcadio Buendía, il patriarca di “Cent’Anni di Solitudine” (1967) o
di Kristos Kukumides di “Il Viaggiatore delle Quattro Stagioni” (2002) di Miguel
Littín. E poi ci sono le donne forti e nobili, che reggono le sorti del Paese
compensando l’assenza di praticità dei loro mariti: Emilia Gould, detta la
signora di Sulaco per la sua raffinatezza e Antonia Avallanos, delicata e
sfortunata figlia del Colonnello e nipote del fanatico Padre Corbelan, e infine
le due figlie di Giorgio Viola, Linda e Gisella, entrambe innamorate di
Giambattista Fidanza, anche se con temperamenti diversi.[iii]
Ma è nella descrizione del paesaggio che Conrad si spinge
fino a fondare un intero mondo con una propria geografia che si fa specchio
delle emozioni dei personaggi Con tutto il suo pathos, la notte del naufragio
di Nostromo e Decourd è la scena centrale del libro, il momento in cui il
destino dei protagonisti cambia radicalmente in funzione del tesoro rubato e
perduto. In questo panorama
completamente annullato dall’oscurità trovano spazio – e si scatenano – le
ossessioni tipiche dei personaggi di Conrad. Le riflessioni dei due sono
occasione di un’immersione nel lato oscuro dell’Uomo, in quel “cuore di
tenebra” che modifica l’identità fino a mettere l’individuo di fronte al
proprio doppio – esattamente come avviene in “ Il Compagno Segreto”. Si può
addirittura affermare che il protagonista della seconda parte del romanzo, non
sia più Nostromo, il valoroso capataz
degli scaricatori portuali, ma il suo alterego – Comandante Fidanza – dedito ad
arricchirsi e maledetto dallo stesso sortilegio materiale che aveva avvelenato
la famiglia Gould e che lo spinge cambiare i propri piani e persino a tradire
le persone a lui vicine pur di ottenere il privilegio del prestigio derivato
dal possesso.
Qui il romanzo tocca il suo vertice stilistico con pagine di
grandissimo impatto descrittivo e forza drammatica pari ai “Caprichos” di
Francisco Goya, in cui è il sonno della ragione a generare i mostri, ovvero a
proiettare i demoni dell’animo umano nella dimensione del visibile, ma in
“Nostromo” come nelle acqueforti spagnole, resta un’ambiguità di fondo: è il
sonno – e quindi l’inazione – della ragione a dar forma alle distorsioni o si
tratta piuttosto del sogno – e quindi
uno stato che, per quanto inconscio, è comunque operativo?[iv]
Se si legge la notte del naufragio come una sospensione degli ideali illuminati
personali e collettivi, si comprendono la caratterizzazione e la funzione del
commerciante Hirsch, clandestino
sulla chiatta con il tesoro, che qui e in seguito rappresenta la paura legandosi
all’argento della miniera.
L’assoluto vuoto che si crea nello scenario notturno al
largo dell’isola chiamata la Grande Isabella è simile a quello del libro “Il
Signore degli Orfani” (2012) di Adam Johnson, quando il protagonista – la spia
nordcoreana Pak Jun-Do immagina i pensieri di una donna che, vogando nel buio,
entra in contatto con la parte più nera di se stessa. Cambiano totalmente
ambiente, epoca e contesto, ma la logica dell’architettura narrativa è la
stessa: nonostante la grande ricchezza e la complessità della struttura, il
centro del racconto è la vacuità. È proprio questo senso di assoluto
spaesamento che conduce alla tragica fine dei protagonisti: Giambattista e
Decourd in “Nostromo”, Jun-Do (che perde la propria identità per diventare il
Comandante Ga) e la ragazza americana in “Il Signore degli Orfani”, ma anche Arcadio
e Aureliano Buendía in “Cent’Anni di Solitudine”. Questa impostazione è
confermata anche dall’ultima sezione del libro, quando la famiglia Viola viene
nominata custode del faro e il tema centrale diventano i sentimenti di Linda e
Gisella, in competizione per l’amore dello stesso uomo, fino al climax finale
in cui questa rivalità e il fraintendimento portano alle conseguenze più
estreme. Se da un lato Conrad anticipa gli intenti del romanzo modernista dando
ampio spazio all’introspezione psicologica, dall’altro lo scrittore non si
discosta ancora del tutto dai paradigmi di genere del romanzo ottocentesco. A
differenza di quanto avverrà successivamente in “Gita al Faro” (“The
Lighthouse”) di Virginia Woolf (1927), in “Nostromo” faro non è simbolo
dell’unità che prevale sul caos dell’esperienza; al contrario esso resta un
minaccioso emblema d’isolamento che prelude alla tragedia finale: l’ordine (e
la luce) sono solo una possibilità incompiuta di fronte alla maledizione che
travolge tutti i personaggi spingendoli nel vortice della follia[v].
[i] Troviamo una
raffigurazione di Cervoni anche nei romanzi “Freccia d’Oro” (1919) e “L’Avventuriero”
(1923), il primo è ambientato a Marsiglia durante la terza guerra carlista; il
secondo ha come sfondo il conflitto tra Napoleone e l’Inghilterra.
[ii] Non è quindi un caso che il
circolo da cui sorgono le nuove idee politiche e i fervori intellettuali nella
capitale del Costaguana sia chiamato da Conrad “Circolo Amarilla”.
[iii] Esattamente come avviene
per Rebeca e Amarant, figlie di José Arcadio e Ursula in “Cent’Anni di
Solitudine”, entrambe innamorate di Pietro Crespi. Amaranta vive invidiando la
bellezza e la grazia della sorella adottiva e quando questa si fidanza con
l’italiano, lei giura che impedirà il matrimonio.
[iv] L’ambiguità sussiste nel
titolo spagnolo in cui la parola “sueño” può indicare tanto il “sonno” quanto
il “sogno” (su questo punto, si vedano le considerazioni di Tzvetan Todorov nel
suo saggio su Goya [2012, Garzanti])
[v] Secondo la pagina italiana
di Wikipedia, esistono diversi adattamenti e trasposizioni di “Nostromo”: il
romanzo “The Virgin and the Martyr”(1985) di Andrew M. Greeley è ambientato nel
Costaguana e ne riprende i toponimi; nel 1997 è stata curata una versione
televisiva interpretata da Claudio Amendola