Partiamo da una considerazione dello stesso Fogwill: “Scene
da una battaglia sotterranea” non è un libro contro la guerra ma contro un modo
stupido di concepire la guerra, perché non si può scrivere contro la pioggia o
contro la neve. Non c’è nessuna connotazione ideologica in questo libro corale,
ma piuttosto la più cocente e cruda umanità. Alcuni lo hanno paragonato per
efficacia a “Il sergente nella neve” di Rigoni Stern ed è effettivamente così.
Non è l’esperienza dei patrioti, non c’è nessuna connotazione ideologica. Nel
1982 l’Argentina combatteva una guerra assurda per il dominio sulle Malvine
/Faulkland, isole fredde adatte solo ai pinguini e i cui pochi abitanti umani
non sono né argentini né inglesi ma un gruppo quasi autonomo, isolato e
incerto, vicino al mito se non altro per il miraggio di una futura pace
indipendente dai maneggi politici delle grandi potenze. In questo scenario
desolato si svolge l’avventura degli “armadilli”, un distaccamento di soldati
che vive sottoterra e che, nel buio dei cunicoli, pensa alla propria
sopravvivenza scambiando merce con tutti, anche con il nemico, dato che a un
certo punto del conflitto, quando la fine sembra ormai prossima nel bene o nel
male, le carte si confondono e alcuni britannici si uniscono alle fila di
questi fantasmi che fantasmi non sono. Molti di loro sfiorano la leggenda
apparendo dal nulla in superficie, ma è soprattutto la loro umanità a essere in
gioco. Nella descrizione di una collettivizzazione forzata di qualsiasi
intimità, Fogwill non è mai retorico e la paura è al centro delle sue immagini
potenti che, senza essere una vera raccolta documentaria, sono comunque la
testimonianza non solo di un momento storico, ma anche del sentimento di un
popolo che vede sfumare una bolla d’illusioni. La letteratura – trasformata in
autore / personaggio – è una missione (o meglio una vocazione) deve assumersi
il pesante onere di raccogliere questo sentire comune per giungere alla reale
comprensione dei meccanismi interni della società.