"I Gillespie"
riprende lo stile vittoriano di Collins Wilkie e, a tratti ne ricalca l a
brillantezza nella composizione dei particolari che contribuiscono a creare un
quadro complessivo con diversi punti di vista.
Tuttavia la scrittura risulta a volte piatta e non risulta coinvolte,
anche se ha una buona ripresa nella seconda parte, dedicata alla controversia. Come
nei classici del genere legal, l’ultima parola spetta ai giurati / lettori
ovvero resta il dubbio sulla figura della protagonista, Harriet Baxter. Il suo
incontro con Annie e Ned Gillespie è fatale: la famiglia diventa un suo rifugio
in un momento difficile della sua vita e il rapporto d’amicizia si fa stretto,
quasi al limite della morbosità che viene poi adombrata dalla tragedia. Tutti i
personaggi hanno una relazione di esclusività possessiva gli uni con gli altri.
Il romanzo di Jane Harris è prima di tutto un saggio sulla vita della donna
alla fine dell’Ottocento in Inghilterra e in Scozia – con la contrapposizione
tra un passato fin de siécle e un presente
datato 1933 – nonché un’attenta analisi del tessuto socio-culturale di Glasgow
nel periodo dell’Esposizione, con il merito di riscoprire una congrega di
artisti poco conosciuti ma pregevolissimi. È quindi un peccato che la scelta
dell’immagine di copertina sia ricaduta su un pittore americano quando sarebbe
stato meglio utilizzare ad esempio un quadro di Edward Atkinson Hornel. I riferimenti
storici sono accurati e ben documentati e costituiscono, insieme alla
descrizione minuziosa dei paesaggi urbani e semi-rurali scozzesi – specialità di
Harris – il punto di forza della vicenda.