Rizzoli, 19
€
Taniguchi
ci regala un inno d’amore per l’arte, uno splendido volume a colori, un
pellegrinaggio tra le sale del Louvre. La trama è simile a quella di “Memorie
di Iris” di Keiko Ichiguchi. Il protagonista si ritrova in una realtà parallela,
catapultato a stretto contatto con lo spirito delle opere che contempla,
incontrando grandi pittori e intellettuali in un viaggio senza tempo. Chû Asai
e Söseki Natsume ci fanno ritrovare il legame tra pittura occidentale e
nipponica, mentre il riferimento a Vincent Van Gogh ci porta fuori, nella
stupenda cornice naturale di Auvers-sur-Oise rivelando una fascinazione per
l’ambiente, anche se qui resta in fase embrionale, senza arirvare agli estremi
poetici di “L’olmo “ o “L’Uomo che cammina”. Anche con Kurosawa eravamo entrati
un quadro, ma in quel caso il dramma era palpabile ed evidente. Nonostante le
ottime premesse “I Guardiani del Louvre” non arriva alle vette di "Pepita" –
insuperabile art book di Inoue su Antoni Gaudí – o “Gokusai” manga in cui
compaiono diversi maestri tra cui spicca una totale identificazione tra il personaggio principale e il grande olandese.
Il disegno non è abbastanza accurato per rendere il tratto originale ei
paesaggi e anche la storia è eccessivamente confusa e avrebbe meritato uno
sviluppo più lungo e articolato. Si nota
l’attenzione dell’autore per l’uso dello spazio, per la divisione delle tavole
che rende bene nel grande formato e per la gastronomia esplorata con la
curiosità di un gourmet; Non si può certo bocciare del tutto un lavoro del
sensei che ha trionfato ad Angoulême ma non lo si può consigliare come primo
approccio a un corpus complesso.
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