Scritto in
pochi mesi, “Ragazze di Campagna” è il romanzo d’esordio di Edna O’ Brien e
costituisce il primo capitolo di una trilogia dedicata alla crescita
sentimentale della donna nella società irlandese. L’autrice scrive che nella
sua casa – una fattoria nella Contea di Clare – c’erano solo libri di preghiera
e annuari sulle corse dei cavalli.
Educata dalle monache fino a sedici anni, il libro trae spunto
dall’esperienza autobiografica per mettere in scena la vita amorosa e la voglia
di libertà di due ragazze all’inizio degli anni Cinquanta e fu accolto con
grande clamore e scandalo in patria. Questo fa capire il clima e la mentalità
dell’epoca: le restrizioni religiose e puritane accanto alla piaga dell’alcolismo
che funestava molte famiglie. Caithleen e Baba sono giovani e hanno fame di
vita, così la reclusione del convento va loro stretta ed elaborano un piano per
farsi espellere: scrivere sconcezze sul retro di un santino. Solo questo
basterebbe a sconvolgere i ben pensanti, ma si aggiunge anche la storia di Kate
con un uomo sposato e più vecchio di lei. In tutto questo però la moralità
rimane – è Brigitte la più sfrontata – e, almeno da parte sua sembra che questa
sia il primo passo verso il vero amore. Anche se non c’è ancora la maturità di
un rapporto adulto ma piuttosto la purezza dell’ideale che naufraga
tragicamente lasciando una triste ferita. Alcuni critici paragonano la O’Brien
a Colette e alla sua “Claudine”, ma Edna smentisce ogni similitudine perché,
dice, la scrittrice francese era più “felice”. Nella descrizione cupa e severa
del collegio si trova forse un parallelo con “Terra di Spezie” dell’omonima
Kate O’ Brien che narra la storia di una ragazzina alto-borghese crescuita
dalle suore. Si potrebbe arrivare a vedere quest’opera come un tutt’uno con
“Ragazze di Campagna” e “Le ceneri di Angela” di Frank McCourt perché
l’ambientazione geografica è pressoché la stessa e varia solo il ceto sociale
dei protagonisti. In nessuno di questi volumi ci sono accenni espliciti alla
violenza, ma risulta chiaro che una visione della fede tanto ristretta sia
comunque coercitiva e condizionante, in
modo più soft rispetto al film “La
Malaeducatión” di Almodóvar ma quanto basta a creare un solco che dà forma la comunità.
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