Marcos
y Marcos, 430 pp., 17 €
Kamala e Anand sono le due facce di un’India che cambia:
una vita di lavoro umile e di sacrifici e l’industrializzazione che avanza. Lei
ha cercato impiego in città, nei cantieri edili e poi come domestica, con
un’incredibile determinazione: tutto per suo figlio Narayan che, lasciato a se
stesso, potrebbe prendere una cattiva strada; lui è un imprenditore ch si
confronta con i meccanismi oscuri della crescita miracolosa, alimentata dalla
corruzione dei politici. Entrambi sono il riflesso di un Paese diviso tra
modernità e antiche tradizioni: il progresso che ha le sue radici negli usi
atavici, con il sistema di caste che resiste sotto lo sfavillare delle feste dell’alta società e i riti
induisti che propiziano gli affari almeno quanto le bustarelle che devono
smuovere i meccanismi della burocrazia. Scissi tra questi estremi, i personaggi
si costruiscono nuove identità composite, cercando di accettarsi e farsi
accettare; e così si ritrovano a essere ibridi, con un futuro incerto. I
giovani sono la speranza di un avvenire radioso mentre la moglie di Anand è
costantemente insicura e l’uomo si rifugia nel rapporto d’amicizia con Kavika,
simbolo di svolta democratica. Le voci si alternano e s’intrecciano in una
narrazione ricca di figure emblematiche ma non si allontana dalla realtà
universale, anche se riportata sempre al particolare “esotico” del contesto, in
una trama in cui la concretezza internazionale delle relazioni commerciali fa da
contraltare alla psicologia individuale. Sankaran ci consegna un libro a metà
tra Swarup e Franzen, essenziale saggio delle dinamiche della globalizzazione.
Bangalore |