In una società multiculturale non
esistono riferimenti monolitici e l’identità dipende da una combinazione di
fattori. I personaggi di Adriana Lisboa nascono da queste poliedriche
combinazioni culturali e s’incontrano sul piano della condivisione psicologica,
all’interno del tessuto tipico del melting
pot statunitense. David, figlio di un immigrato brasiliano e di una
messicana, conosce Alex, una vietnamita di seconda generazione, nel giorno in
cui gli viene diagnosticato un cancro. Inizia qui un duplice percorso, all’apparenza
divergente: da un lato lui si distacca dal mondo materiale; dall’altro sembra
assaporare gli affetti famigliari, nel momento in cui sa di doverli perdere. La
sua vicenda e quella della ragazza s’intrecciano, trovando dei punti di
contatto nel senso d’incompletezza che deriva dallo sradicamento e dalla difficoltà
d’inserirsi in Paese respingente. “Hanoi” analizza le implicazioni soggettive
dello stesso sommovimento storico che è alla base della poesia di Huong Nguyen.
Nel processo di accettazione /esclusione la città annamita diventa un luogo
mitico, evocato nei ricordi dei vecchi che sono partiti dal Vietnam per cercare
la fortuna. Il romanzo si sposta quindi su diversi piani, sia temporali sia
spaziali grazie all’uso di registri linguistici alternati: l’inglese diventa
materno per chi è nato su suolo americano, mentre il vietnamita assume un
valore musicale fino a far dimenticare la semantica. Il microcosmo interiore,
modificato dagli eventi, riverbera in comportamenti nei quali ognuno si può rispecchiare,
leggendoli attraverso la propria esperienza.
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