Solo fino a
lunedì, al Palazzo Ducale di Genova saranno esposte le foto del reportage
“Macondo: the world of Gabriel García Márquez”. L’intensità del bianco e nero
di Fausto Giaccone mostra un mondo che è certamente magico ma che, davanti
all'obiettivo, assume la concretezza della realtà. La Colombia caraibica della
“Cuesta” ha un sapore esotico ai nostri occhi ma non si tratta di una visione
falsata in senso deteriore come avveniva nei quadri di Ingres. Aracataca,
Sucre, il Río Magdalena: i luoghi
prendono corpo, spessore e profondità; diventano set tangibili
dell’immaginazione del lettore /osservatore concretizzando l’dea che sia
necessario “Vivere per raccontare”: così
forse si perde parte del fascino della lettura ma si ottiene un effetto
cinematografico nitido e pulito.
Il fotografo
siciliano ha viaggiato in una regione difficile, tormentata da anni di
complicati conflitti, nella quale presente e passato convivono su piani
prospettici paralleli, sequenziali come scatole ottiche. Qui personaggi reali e
fittizi si mescolano ai fantasmi in un’unica iconografia di massa che, se da un
lato cerca d’interpretare la modernità, resta ancorata alla tradizione. Come ha
sottolineato Juan Gabriel Vásquez, troppo spesso l’opinione pubblica dimentica
i traumi recenti per incoronare nuovi eroi che improvvisamente e senza volere diventano portavoce del sentimento
dell’intera nazione. Le persone comuni – le anziane, i musicisti, le famiglie –
sono coinvolte in questo processo che è sia centripeto che centrifugo.
Protagonista assoluto è il Tempo come presenza immobile annidata nella densità
delle ombre, nella capacità della macchina di cogliere la poesia della
contraddizione.
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