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martedì 1 luglio 2014

DI ME ORMAI NEANCHE TI RICORDI Luiz Ruffato



La Nuova Frontiera, 136 pp., 14€


Per il terzo romanzo di Luiz Ruffato, il traduttore e saggista Gian Luigi De Rosa ha curato un ottimo lavoro esegetico, riproducendo la “quasi oralità” tipica dei contadini inurbati nella megalopoli di San Paolo alla ricerca di un modo per “migliorare le proprie condizioni”.La verosimiglianza del romanzo epistolare ci apre le porte alla vita quotidiana di una famiglia modesta dello stato di Minas Gerais e alla complessità del Brasile degli anni Settanta, che risponde al dramma della dittatura militare con il calcio – “Tropicália ou Panis et Circenses” ammoniva Caetano Veloso –La politica è però solo un tassello della vicenda di José Célio, arrivato nella grande città, dirottato nell’anonimato delle fabbriche. Anche se la consapevolezza sociale diventa man mano più salda con le lotte sindacali e le rivendicazioni operaie, lo snodo centrale della narrazione resta il senso di straniamento di chi si sente dovunque straniero, incapace di adattarsi del tutto al nuovo contesto ma ormai lontano da un luogo d’origine che si trasforma in un’utopia.  La descrizione a tratti malinconica di un panorama urbano freddo si sostituisce lentamente a quell’ecologia personificata introdotta dal narratore nella premessa e, almeno nelle prime lettere, si mescola con lo stupore per le dimensioni elefantiache delle strade e delle folle per poi trovare un contrappunto doloroso nella miseria evidente delle campagne inaridite del sertão. Si sente un eco del verismo dei film di Nelson Pereira dos Santos ma il contesto situazionale colloca la finzione in un Paese che, nonostante la crescita economica, i Mondiali e le Olimpiadi, resta ancora molto diseguale. 


ULTIMO MINUTO Marcelo Backes




Del Vecchio Editore, 262 pp., 14.50€


In Italia è ormai tramontata la frenesia per il Mondiale, ma sarebbe bello sapere cosa ne penserebbe l’allenatore detenuto João / Yannicnick  di giocatori che si presentano in campo come starlet televisive. Nel racconto, il calcio è una metafora della vita stessa, summa antropologica di una società in divenire. La partita come grande rappresentazione del conflitto, della tensione che percorre le logiche di sviluppo di una comun unità, esattamente come ha spiegato il recente saggio Bruno Barba. E anche il religioso entrato in carcere per fare proseliti diventa un po’ un etnologo munito di registratore. Riascoltando una ricostruzione involuta, ricca di digressioni e citazioni il giovane perde le sue granitiche certezze e comincia a interrogarsi su se stesso mentre trascrive quasi fedelmente le parole di un uomo che ha vissuto mille diverse esperienze e che ha il dono della narrazione proprio come l’aveva il naufrago Luis Alejandro Velasco intervistato da García Márquez dopo dieci giorni alla deriva. I fatti si delineano incontro dopo incontro, passando da un piano temporale all’altro, richiamando le persone vicine al protagonista accanto a personaggi dei grandi romanzi, figure storiche accanto a nomi eccellenti dello sport. All’inizio lo spaesamento del giovane João di fronte alla metropoli lo stesso del ragazzo di “Di me ormai neanche ti ricordi” (appena pubblicato da La Nuova Frontiera) ma, mentre Ruffato affida l’oralità popolare alla forma epistolare, nelle pagine di Backes la parlata delle missioni del Rio Grande do Sul si mescola a una rete di rimandi colti, diventando una sfida per i traduttori.