Neri
Pozza, 214 pp., 11.50€
Romain
Gary (al secolo Romain Kucew) è l’unico autore ad aver vinto due volte il
prestigioso Premio Goncuort, scrivendo sotto pseudonimo o meglio, cambiando
quasi identità e diventando Émile Ajar: con questa firma pubblicava “La vita
davanti a sé”, tagliente e tenera ironia sulla vita nella banlieue parigina,
luogo che non è già più francese pur apparendo nella topografia della Ville
Lumiére. Nel 1970 del romanzo, le bruciature della sconfitta coloniale
cominciava a tracciare in patria una linea di demarcazione tra i quartieri
popolari “difficili” e i villini degli autoctoni. Quello di Momò, arabo e
mussulmano cresciuto da un ex prostituta ebrea in una casa-rifugio, è un mondo
al margine in cui non esiste la scansione convenzionale del tempo e le regole
sono dettate dal cuore e da tradizioni lontane, in una mescolanza di voci e di
personaggi surreali. Il primo livello d’approccio a questo particolare universo
è il linguaggio, modificato dall’autore con una ricercata ingenuità infantile
che vuole far riflettere sul falso mito dell’omogeneità (quel mito che il
presidente Sarkozy aveva cercato di rilanciare e che gli antropologi della
decolonizzazione hanno sempre messo in discussione). C’è poi il piano puramente
descrittivo, che rimanda allo stesso contesto sociale delineato da N’Sondé in
“Il morso del Leopardo” o nel film “Quasi Amici” di Nakache e Toledano. Infine, c’è la
trama: una storia d’affetto che trascende qualsiasi questione di genere o appartenenza
culturale e che unisce il protagonista agli altri inquilini del palazzo e a
Madame Rosa, la donna che si è presa cura di lui. Il degrado resta sullo
sfondo, come una nota soffusa, meno incisiva che nei libri di J. T. Leroy (che
ha in comune con Gary il gioco dei depistaggi onomastici) e sicuramente non
dominante quanto in “Educazione Siberiana” di Lilin. S’intuisce una violenza che
non è però fondamentale nel processo di crescita di Mohammed, forse a causa di
uno stile che è peculiare della narrativa d’oltralpe, in cui l’atmosfera resta
nostalgica come una foto di Robert Doisneau. Ogni pagina è toccata da
un’amarcord agrodolce, che arriva al culmine con il viaggio immaginario di
Madame Rosa in Israele, terra sognata più che reale.
Un racconto che entra dentro senza
invasioni, consigliato soprattutto ai ragazzi che non hanno superato i
trent’anni, ma che può diventare una pietra miliare anche per le persone più “âgées”.
Anche sul sito delle biblioteche di Genova:
http://www.bibliotechedigenova.it/content/la-vita-davanti-s%C3%A9
Nessun commento:
Posta un commento