MOONRISE KINGDOM è
un’altra piccola perla di Wes Anderson, impreziosita dalla co-produzione di
Roman Coppola e da un grande cast. Il luogo è l’isola immaginaria di New
Penzence, l’anno è il 1965. Sam Shakusky è uno scout di dodici anni che decide
di dimettersi per tentare una rocambolesca fuga d’amore con la sua amica di
penna Suzy Bishop, ragazzina disadattata che nella recita parrocchiale su Noè ha
il ruolo del corvo. Il ragazzo è matto o solo incompreso? Dopo la fuga, compare
sulla scena la terribile Servizi Sociali, caratterizzata come una strega e le
cose si complicano perché nonostante fosse impopolare, Sam era comunque parte
della truppa dei Khaki Scout e come tale va aiutato nel momento del bisogno
quindi tutti i suoi compagni si uniscono per salvarlo da un possibile
elettroshock e dall’affidamento a un “rifugio per giovani” che è l’equivalente
di un riformatorio.
Il film
fa riflettere su diversi grandi temi della sociologia. Innanzitutto ruolo della
famiglia nell’educazione dei figli. Infatti, Sam potrebbe avere dei problemi
relazionali perché i suoi genitori sono morti e da diversi mesi vive in una
casa che non lo accoglie davvero per quello che è e da dove viene scacciato non
appena si manifestano delle difficoltà. Come Ed e Al in FullMetal Alchemist, il
bambino non ha più un posto in cui tornare e deve contare solo sulle proprie
capacità di Lupetto. Tale certificazione e l’entrata in scena di Servizi
Sociali, dello Sceriffo Sharp (Bruce Willis) e del Capo Scout Word (Edward
Norton) mostra l’importanza e le carenze dell’autorità esterna nella
costruzione della personalità. Suzy ha
una famiglia apparentemente normale (Bill Murray e Frances McDormand)– anche se
c’è dell’ironia nella caricatura della “famiglia numerosa” – ch vive al capo
estremo dell’isola e dunque in un posto molto difficile da raggiungere e nel
quale i punti di riferimento sono per forza di cose interni. Per questo motivo
la fuga verso una nuova avventura e verso gli spazi aperti si prospetta come
unica alternativa all’autolesione – che è la forma estrema di
autoreferenzialità in un circolo chiuso (vizioso) e non solo un capriccio della
moda emo del momento. Un appunto sui cognomi: Sharp, il poliziotto dell’isola
che indaga sulla sparizione dei due e sull’aggressione al capo della fazione
scout che, embedded rispetto al potere dominante degli adulti, segue le tracce
dei due fuggiaschi e li considera nemici; Word come “parola” fa pensare al
roulo fondamentale che essa ha nella formazione; Bishop “Vescovo” rimanda
direttamente all’autorità
Lo
spazio è definito dalla cartografia di una mappa ipotetica come in “Lo
Straordinario viaggio di T. S. Spivet” in cui è proprio il percorre il
territorio a strutturare la strada di volta in volta, ma qui si aggiunge la
leggenda dell’antico sentiero della migrazione del popolo indiano dei Chickchaw
che legittima la coscienza collettiva quanto il rapporto con l’ambiente
specifico si lega all’individuo. Così gli espedienti narrativi si rifanno
all’antropologia e all’arte, da un lato il diario di Word; dall’altro l’uso di
quadri e vetrate come scenari in cui inserire i personaggi.
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