Nave di Teseo, 249 pp.
I bambini di ferro sono gli issendai, i desideranti
considerati impuri nella mitologia buddhista,ragazzini cresciuti in un
esperimento di Accudimento Artificiale. Nel futuro, il Giappone tenterà una via
scientifica alla creazione di genitori perfetti ma un virus contamina i robot e
qualcosa va storto. Oggi si stanno portando avanti sperimentazioni del genere
costruendo dei badanti bionici per anziani, per ovviare al problema
dell'invecchiamento della popolazione nipponica e già il “dio dei manga” Osamu
Tezukasi era interrogato sul risvolto umano della robotica con la sua opera più
nota “Astro boy” e tale riflessione proseguiva in numerosi altri fumetti., come
anche il tema della meccanica applicata all'uomo. Yuki Yoshida risente della
falla del sistema e non riesce a provare sentimenti come qualsiasi altra
persona ma anche la coordinatrice, Sada, è fredda, incapace di provare del vero
affetto.
La nuova bambina
portata all'istituto Gokuraku, Sumiko – la bimba dell'angolo - potrebbe essere definita tecnicamente
“autistica”: nata in una famiglia probabilmente disfunzionale, con genitori
poco presenti e un fratello distante, è silenziosa, senza reazione emotiva se
non qualche rara parola. Si è chiusa in sé per proteggersi come Kohina
Ichimatsu, la protagonista di Gugure! Kokkuri-san, che si crede una bambola
vivente.
Viola di Grado ha creato uno spazio asettico, futuribile e
contrastante con la Kyotô tradizionale cui siamo abituati a pensare. L'istituto
è un luogo di solitudini, diametralmente opposto al Hoshi no Ko, il collegio
degli anni Settanta che è al centro di “Sunny” di Taiyô Matsumoto “Bambini di
ferro” contiene tante inesattezze e ingenuità che vanno lette con un po' di
senso critico per evitare di incappare nell'errore di prendere per oro colto le
parole che invece, evidentemente, sono una cesellatura della lingua che
richiama lo stile di Isabella Santacroce ma senza i suoi eccessi. Non è un
saggio, ma mostra un correlazione tra schematicità rigida e religione. Gli
inserti descrivono un Buddha – Siddharta – umano e sofferente che però possiamo
paragonare alle madri sintetiche con i loro insegnamenti indotti mentre l'amore
materno diventa quasi come una droga che i disperati cercano nei vicoli, nei locali
e sotto i ponti.
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