Ruth
è una scrittrice in crisi di creatività. Un giorno trova un diario e altri
effetti personali avvolti in un sacchetto sulla spiaggia della sua piccola
isola di Whaletown, in Canada: sembrano resti portati dallo tsunami che ha
investito il Giappone nel 2011. Il diario, celato dietro una copertina che dice
“À la recherche du temps perdu”, appartiene a Nao, una ragazzina giapponese
cresciuta in California (e che quindi scrive in inglese). Ruth si appassiona
alla lettura tanto da dimenticare il memoriale che dovrebbe finire. Ecco il
legame tra due personaggi apparentemente slegati: iniziando a leggere, Ruth fa
suoi i personaggi e si può dire che ne crei la vicenda, in una correlazione quantistica.
È Oliver, il marito di Ruth, a mostrarci il percorso intrapreso dalla moglie,
ossia il meccanismo di meta-racconto che influisce sui fatti narrati
esattamente come lui, con il suo lavoro di coltura artistica, modifica il
paesaggio per riportarlo a un grado zero; Come per il paesaggista delle Canarie
César Manrique, il vero momento topico, secondo lui, arriva quando le persone
interagiscono pienamente con la sua opera senza che ci sia in essa qualcosa di
artificioso. Allo stesso modo ci si pone il problema dell’essere nella Storia
mondiale – presente passata e futura – e nella micro-narrazione, esattamente
come avveniva in Heidegger per il suo “Essere e Tempo”. Qui il romanzo si fa
complesso e trova spazio per parlare della Guerra e di Fukushima ponendo i due
eventi su un piano tanto reale quanto onirico, influenzato da passaggi che
spezzano il patto con il lettore, che si ritrova a credere nell’interazione
onirica con un corvo, operazione che ricorda molto Murakami.
Ozeki,
dopo due libri sull’ecologia e la scelta di vita vegetariana, sfrutta al meglio
la sua origine di americana “con il trattino” e imbastisce un romanzo
complesso, ricco di riferimenti e scritto in una pluralità di stili, che mette
in luce, tra l’altro, l’intolleranza del Giappone contemporaneo.
Nessun commento:
Posta un commento