venerdì 30 maggio 2014

NOSTROMO Joseph Conrad


Nel 1904, quando Joseph Conrad scrive “Nostromo”, il sogno coloniale spagnolo è ormai tramontato, con la definitiva indipendenza di Cuba, ma altre potenze continuavano a cavalcare la logica della conquista sui territori lontani e l’antropologia era ancora una disciplina asservita a questa classe dominante. C fa parte di quegli autori che vissero a metà tra il romanzo e lo studio, facendo dell’esotismo uno specchio della disillusione. Per il signor Charles / Carlos Gould, successo è un imperativo morale che va oltre il semplice desiderio di ricchezza materiale. La modernizzazione che ha portato nelle colonie una spinta al progresso civilizzatore di tipo commerciale,  in molte zone del Costaguana non è ancora penetrato capillarmente e, ricordando certe pagine sociologiche di Manuel Scorza e addirittura l’analisi dell’economia umana di Rawls, gli scenari descritti da C mostrano una realtà improntata sullo sfruttamento indiscriminato della forza lavoro indigena e contadina da parte di un élite da operetta. La miniera d’argento e la concessione Gould sono l’emblema di questa pratica trasformata in ideale, ossia il simbolo della visione politica intellettuale, distorta dalla sua applicazione. La miniera diventa, infatti, una sorta di malattia che conduce alla perdizione tanto Gould Senior che il figlio Charles /Carlos, nato nella colonia ma ancora percepito come “inglese” dalla popolazione. La raffigurazione iconografica della nuova borghesia sintetizza uno sguardo che, all’epoca dell’indipendenza e nei primi anni del Novecento si rivolgeva ancora all’Europa come modello, nel tentavo di negare la sincretizzazione culturale e affermando un’innaturale teoria d’imbiancamento. Da un lato si guardava all’Inghilterra, dall’altro alla Francia. Ecco quindi la dicotomia Gould / Decoud, che riproduce l’opposizione letteraria tra Don Quijote e Sancho.

Martin Decoud è un giornalista “afrancesado” che “si crede più francese di un parigino” e lavora nella redazione del Porvenir, una testata creata ad arte come strumento di legittimazione del potere, ma presto egli si ribella al suo ruolo di subordinato che noi potremmo definire “unbedded” per trasformarsi nel portatore delle teorie liberali. Si potrebbe pensare che Nostromo e Decourd rappresentino le due anime di Cornad: da un lato il capitano di lungo corso e dall’altro lo scrittore. Se così fosse, si potrebbe seguire l’ipotesi del saggio di Frank Raymond Leavis e sostenere che l’autore di “Nostromo” altri non è se non il giornalista che, senza fermarsi al compiacimento di un modesto successo del dilettante, cerca di “dare un valore spirituale alla propria attività”.

 Alcune fonti riportano che la figura del fiero capataz Giambattista Fidanza detto Nostromo è stata ispirata a Conrad dal marinaio Domenic Cervoni,[i] conosciuto dall’autore durante il suo viaggio verso le coste venezuelane. Egli è l’incarnazione del tipico eroe conradiano: all’apparenza integerrimo ma in realtà “corrotto” dalle sue stesse aspirazioni. È una nuova versione protagonista del primo romanzo, quell’Almayer condotto alla follia dalla sua sete d’oro. Sempre Leavis sottolinea la divergenza tra la personalità di Nostromo, mossa dall’orgoglio del prestigio, e quella del dottor Monygham, inviso come uno iettatore e completamente indifferente alla diffidenza del popolo.

Considerando questa caratterizzazione – per quanto vaga e universalizzabile – e le descrizioni di tipo geografico immaginate da Conrad, Juan Gabriel Vásquez nel suo “The Secret History of Costaguana” colloca “Nostromo” in Colombia o forse in Venezuela. Effettivamente, gli scenari politici del romanzo richiamano molto i primi anni d’Indipendenza in Venezuela, quando innumerevoli guerre e ribellioni scossero il Paese che cercava di affermare una propria via politica e culturale prendendo a modello la modernizzazione inglese e francese. Le rivolte che infiammano le città del Costaguana sono un calco della lunga sequela di guerre di quel travagliato periodo e, volendo cercare un punto di riferimento reale nelle pagine della Storia, il pensiero va ad Antinio Guzmán Blanco, uno dei più importanti statisti sorti dall’opposizione tra i ribelli federali del Liberalismo Amarillo (Liberalismo Giallo) e il governo conservatore dopo la Guerra Federale (1859-63). [ii]

A parte questo, F. R. Leavis riconosce l’influenza franca nello stile e persino nelle tematiche generali di Conrad, che soggiornò per diversi mesi nella Parigi bohémien del 1876. Il critico rimanda a un’ipotetica prossimità con Flaubert nell’economia del romanzo di Conrad, in cui ogni personaggio ha la sua ragion d’essere in funzione degli altri, formando una stretta rete di dicotomie. Non solo quella tra Charles Gould e Martin Decuod: ancor più significative per tracciare una linea morale e descrivere quello che alcuni chiamerebbero progresso sono le coppie Decoud / Nostromo e Gould / Hernández, laddove la prima oppone l’illuminismo liberale alla vanità personale che muove le azioni del marinaio italiano – e dunque la l’antitesi più profonda, fa notare sempre Leavis, è forse tra l’intellettuale e il vecchio garibaldino genovese Giorgio Viola.  Il padrone della locanda “Albergo Italia Una” è contrario a chiunque rappresenti le istituzioni ed è anche l’unico che resta integro nelle proprie convinzioni, ancora arroccato alle sue posizioni utopiche di repubblicano ma destinato a cadere nel tragico errore portato dal destino, dalla senilità o forse da una volontà mascherata.

La seconda coppia segna piuttosto una penetrante analogia tra “il padrone della miniera”, simbolo del futuro sviluppo basato sullo sfruttamento delle masse povere, e “il padrone del Campo”, il bandito Hernández che comanda la sollevazione popolare.

La storia, concepita fin dall’inizio per svilupparsi in una struttura articolata, è quindi una complessa invettiva contro gli interessi materiali che “Hanno la loro legge, la loro morale, la loro giustizia” ma si basano su una logica inumana, priva di quella coerenza e di quella onestà che si possono trovare solo in un principio morale. La profonda contrapposizione tra concetti utilitaristici e ideali contamina tanto i rapporti interpersonali quanto la storia collettiva.

 

Nel corso del romanzo, il registro stilistico varia secondo gli eventi: la prima parte è un excursus quasi statico sulla storia personale dei protagonisti in rapporto con le vicende collettive dello Stato mentre la parte centrale riporta gli scontri militari riproducendo il caos e l’incertezza della guerra civile. Così la scena del naufragio mescola momenti quasi comici (la comparsa del commerciante Hirsch, fuggito dai disordini) a toni cupi che sembrano derivare dal gotico mentre nell’ultima parte dà ampio spazio a un melodramma che inspessisce i fili della trama.

Seguendo uno schema tipico dei suoi ultimi lavori, Conrad passa dalla terza persona onnisciente alla prima persona, per coinvolgere il lettore nel resoconto dei fatti, attraverso questo processo – e con i canoni che poi si ritroveranno in parte nel realismo magico – l’autore lascia intravedere l’amarezza e la disillusione di fronte alla cecità della politica istituzionale, sospinta da una schiera di militari in continua rivoluzione.  Tuttavia, una volta trovata una soluzione alla situazione dei lealisti assediati, una cesura temporale illustra le conseguenze del mutamento di rotta ai vertici, Accanto a Hernández, ci sono i due fratelli Montero – il teorico e l’uomo d’azione – che in una sintesi geo-politica universalizzante potrebbero rispecchiare il ruolo di Emiliano Zapata e Pancho Villa in Messico. Su un gradino gerarchico superiore, troviamo il vecchio Colonnello Avallenos, simbolo dell’utopia di governo. Infine il Capitano Mitchell, che potremmo porre a un livello esterno, con il corollario di milionari stranieri interessati ai profitti della concessione, persone incolori, talmente avulse dalla realtà da non aver consapevolezza dei possibili pericoli che la situazione di tensione comporta, estranei al punto da chiamarsi fuori dal logico procedere dell’azione. Alcuni commentatori hanno notato che i personaggi agiscono in modi che non rispondono alla normalità ma, come altri contestano, non avrebbe senso calare nella quotidianità delle figure eminentemente simboliche.

L’accostamento con la letteratura del boom latino-americano può apparire azzardato, se non altro per la diversità nei toni retorici, ma gli elementi costitutivi ci sono tutti: le battaglie combattute e perse mille volte in nome di un’astrazione e gli uomini che perdono il senno fino a rovinarsi l’esistenza o fino a perdere il contatto con la realtà (il vecchio Viola ha qualcosa di Arcadio Buendía, il patriarca di “Cent’Anni di Solitudine” (1967) o di Kristos Kukumides di “Il Viaggiatore delle Quattro Stagioni” (2002) di Miguel Littín. E poi ci sono le donne forti e nobili, che reggono le sorti del Paese compensando l’assenza di praticità dei loro mariti: Emilia Gould, detta la signora di Sulaco per la sua raffinatezza e Antonia Avallanos, delicata e sfortunata figlia del Colonnello e nipote del fanatico Padre Corbelan, e infine le due figlie di Giorgio Viola, Linda e Gisella, entrambe innamorate di Giambattista Fidanza, anche se con temperamenti diversi.[iii]

Ma è nella descrizione del paesaggio che Conrad si spinge fino a fondare un intero mondo con una propria geografia che si fa specchio delle emozioni dei personaggi Con tutto il suo pathos, la notte del naufragio di Nostromo e Decourd è la scena centrale del libro, il momento in cui il destino dei protagonisti cambia radicalmente in funzione del tesoro rubato e perduto.  In questo panorama completamente annullato dall’oscurità trovano spazio – e si scatenano – le ossessioni tipiche dei personaggi di Conrad. Le riflessioni dei due sono occasione di un’immersione nel lato oscuro dell’Uomo, in quel “cuore di tenebra” che modifica l’identità fino a mettere l’individuo di fronte al proprio doppio – esattamente come avviene in “ Il Compagno Segreto”. Si può addirittura affermare che il protagonista della seconda parte del romanzo, non sia più Nostromo, il valoroso capataz degli scaricatori portuali, ma il suo alterego – Comandante Fidanza – dedito ad arricchirsi e maledetto dallo stesso sortilegio materiale che aveva avvelenato la famiglia Gould e che lo spinge cambiare i propri piani e persino a tradire le persone a lui vicine pur di ottenere il privilegio del prestigio derivato dal possesso.

Qui il romanzo tocca il suo vertice stilistico con pagine di grandissimo impatto descrittivo e forza drammatica pari ai “Caprichos” di Francisco Goya, in cui è il sonno della ragione a generare i mostri, ovvero a proiettare i demoni dell’animo umano nella dimensione del visibile, ma in “Nostromo” come nelle acqueforti spagnole, resta un’ambiguità di fondo: è il sonno – e quindi l’inazione – della ragione a dar forma alle distorsioni o si tratta  piuttosto del sogno – e quindi uno stato che, per quanto inconscio, è comunque operativo?[iv] Se si legge la notte del naufragio come una sospensione degli ideali illuminati personali e collettivi, si comprendono la caratterizzazione e la funzione del commerciante Hirsch, clandestino sulla chiatta con il tesoro, che qui e in seguito rappresenta la paura legandosi all’argento della miniera.

L’assoluto vuoto che si crea nello scenario notturno al largo dell’isola chiamata la Grande Isabella è simile a quello del libro “Il Signore degli Orfani” (2012) di Adam Johnson, quando il protagonista – la spia nordcoreana Pak Jun-Do immagina i pensieri di una donna che, vogando nel buio, entra in contatto con la parte più nera di se stessa. Cambiano totalmente ambiente, epoca e contesto, ma la logica dell’architettura narrativa è la stessa: nonostante la grande ricchezza e la complessità della struttura, il centro del racconto è la vacuità. È proprio questo senso di assoluto spaesamento che conduce alla tragica fine dei protagonisti: Giambattista e Decourd in “Nostromo”, Jun-Do (che perde la propria identità per diventare il Comandante Ga) e la ragazza americana in “Il Signore degli Orfani”, ma anche Arcadio e Aureliano Buendía in “Cent’Anni di Solitudine”. Questa impostazione è confermata anche dall’ultima sezione del libro, quando la famiglia Viola viene nominata custode del faro e il tema centrale diventano i sentimenti di Linda e Gisella, in competizione per l’amore dello stesso uomo, fino al climax finale in cui questa rivalità e il fraintendimento portano alle conseguenze più estreme. Se da un lato Conrad anticipa gli intenti del romanzo modernista dando ampio spazio all’introspezione psicologica, dall’altro lo scrittore non si discosta ancora del tutto dai paradigmi di genere del romanzo ottocentesco. A differenza di quanto avverrà successivamente in “Gita al Faro” (“The Lighthouse”) di Virginia Woolf (1927), in “Nostromo” faro non è simbolo dell’unità che prevale sul caos dell’esperienza; al contrario esso resta un minaccioso emblema d’isolamento che prelude alla tragedia finale: l’ordine (e la luce) sono solo una possibilità incompiuta di fronte alla maledizione che travolge tutti i personaggi spingendoli nel vortice della follia[v].



[i] Troviamo una raffigurazione di Cervoni anche nei romanzi “Freccia d’Oro” (1919) e “L’Avventuriero” (1923), il primo è ambientato a Marsiglia durante la terza guerra carlista; il secondo ha come sfondo il conflitto tra Napoleone e l’Inghilterra.
[ii] Non è quindi un caso che il circolo da cui sorgono le nuove idee politiche e i fervori intellettuali nella capitale del Costaguana sia chiamato da Conrad “Circolo Amarilla”.
[iii] Esattamente come avviene per Rebeca e Amarant, figlie di José Arcadio e Ursula in “Cent’Anni di Solitudine”, entrambe innamorate di Pietro Crespi. Amaranta vive invidiando la bellezza e la grazia della sorella adottiva e quando questa si fidanza con l’italiano, lei giura che impedirà il matrimonio.
[iv] L’ambiguità sussiste nel titolo spagnolo in cui la parola “sueño” può indicare tanto il “sonno” quanto il “sogno” (su questo punto, si vedano le considerazioni di Tzvetan Todorov nel suo saggio su Goya [2012, Garzanti])
[v] Secondo la pagina italiana di Wikipedia, esistono diversi adattamenti e trasposizioni di “Nostromo”: il romanzo “The Virgin and the Martyr”(1985) di Andrew M. Greeley è ambientato nel Costaguana e ne riprende i toponimi; nel 1997 è stata curata una versione televisiva interpretata da Claudio Amendola