martedì 19 aprile 2016

BRANCACCIO Stassi / Di Gregorio


L’edizione aggiornata di“Brancaccio” fa parte del progetto “Per questo mi chiamo Giovanni” che vuole portare il tema della mafia nelle scuole per sollecitare e sensibilizzare i ragazzi in maniera immediata ma diversa rispetto al recente film di PIF. È una storia d’illegalità diffusa che non racconta solo un quartiere, con la sua gestualità e i suoi linguaggi, ma anche una realtà più vasta, quella che rivendica il bisogno di cambiamento. Eppure Claudio Stassi e Giovanni Di Gregorio hanno lasciato la Sicilia per descriverne la vita quotidiana, le strade, le indifferenze, i pericoli – con tavole scure e acquerellate che però ricordano i mercati di Guttuso – per mostrare alle nuove generazioni qual era stato il messaggio di uomini coraggiosi come Don Pino Puglisi e Peppino Impastato, per riportare la tensione indifferente che si respirava nel periodo delle stragi. C’è ancora moltissimo da fare, tante finestre da aprire prima che il muro sia davvero incrinato perché il punto lacerante è la normalità che la contravvenzione alle regole occupa oggi, la mancanza di fiducia nel sistema / istituzione che abbandona più che sorreggere. Nel libro una speranza c’è, ma il piccolo Nino e il suo sogno di andare lontano si perdono perché si è costretti ad attaccare. Partirà un altro giovane, e il bianco e nero lascerà spazio al colore per marcare una certa distanza dalla rabbia di dieci anni fa e segnare una disillusione che diventa nostalgia dialettale con una tecnica piena pastosa e buia che ricorda la scuola di Gipi e non il morbido flusso della memoria di autori come Cyril Pedrosa.