martedì 28 ottobre 2014

IL PARADOSSO DEL CONTROLLORE Gonzalo Hidalgo Bayal


 
Edizioni Socrates, 206 pp., 13.50€

Questo è libro denso che invita a rileggerlo appena lo si finisce per cogliere le sfumature dello stile colto di Hidalgo Bayal, molto simile a quello di Marías. La rete di simboli si dipana essenzialmente dall’iconografia cristiana, che si svela poco a poco attraverso l’esperienza. Un uomo scende dal treno in un luogo dimenticato e rimane bloccato in una sorta di limbo, prendendo il posto di un casellante che scompare misteriosamente. È una dimensione sospesa, sfiorata e poi abbandonata dalla modernità e, proprio come il “Paese dei Gatti” di Murakami, può essere considerato un’allegoria dell’aldilà. Pochi elementi lo legano al passato: la sua bottiglia di vetro e una lettera di cui nessuno conoscerà il contenuto ma che racchiude il valore evocativo della parola come segno. Se questo grigio impiegato è stato trasformato dal fato in uno straniero errante, anche tutti gli altri personaggi sono identificati in base alla loro funzione all’interno del racconto: ci sono “il ragazzo del bar”, “il venditore di cialde”, “lo straccivendolo” e “l’uomo dell’angolo”, ombroso profeta che parla solo per massime latine: ciascuno resta per il tempo necessario a compiere una missione e quindi si dissolve nel nulla seguendo le traversine dei binari. Con un progressivo annullamento dell’identità, il destino del controllore si concretizza con il fuoco, che qui ha la stessa valenza che assume nel romanzo “Il Deserto” del cileno Carlos Franz. Infatti, non è chiaro chi sia il nemico che arriva nella notte ad appiccare gli incendi e viene il dubbio che si tratti di un alterego del protagonista. 

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