lunedì 1 dicembre 2014

KIKU-SAN La moglie giapponese


Pierre Loti
O barra O, 176 pp., 14 €


 
L’Ufficiale Pierre Loti sbarca in Giappone nel 1885. Da circa vent’anni il Paese asiatico è stato forzatamente aperto ai commerci con l’Occidente e il porto di Nagasaki non appare molto diverso da qualsiasi altro, agli occhi di un europeo. Eppure per tutta l’estate della sua permanenza nel Sol Levante resta nel proprietario di questo diario un senso di straniamento che non si può spiegare con il semplice orientalismo che proprio in quel periodo, in Francia, stava conquistando artisti e intellettuali. C’è qualcosa di profondamente differente nell’Arcipelago, una delicata eleganza ricercata e insieme spontanea che nasce dalle piccole cose e che recentemente Leoanard Koren ha sintetizzato nelle sue note sul wabi-sabi quale fondamento dell’estetica nipponica. Si tratta di una qualità immateriale che richiama il Vuoto; lo stesso concetto sul quale si sofferma Loti, lo stesso che volevano catturare Ozu e Wenders nei loro film.  Nelle pagine di questo libro, il personaggio cerca un contatto: appena arrivato, prende con sé una ragazza del posto e nel triangolo tra lui, Crisantemo e Yves, ci sarebbero gli ingredienti per un dramma sentimentale, se la vicenda non si svolgesse in un clima sempre misurato.
 
 
Molti detrattori hanno criticato lo sguardo esotizzante dell’autore e il suo atteggiamento “da colonizzatore” ma bisogna riconosce che il marinaio non si presenta come esperto etnografo. È un viaggiatore che attraversa una cultura Altra e, pur partendo da parametri di riferimento distorti che lo rendono impermeabile, tenta di penetrarne il mistero. Ancora oggi i fraintendimenti sono inevitabili: basta sfogliare i libri di MacFarlane o di Carey per rendersene conto. “Kiku-san” è interessante sia per la testimonianza storica, sia per il suo stile dal tocco impressionistico.




 
Inevitabilmente tornano in mente la Madame Butterfly di Puccini - e la splendita trasposizione grafica di Lacombe, in questi giorni in mostra in Messico -, la Mousmé (!) (signorina) di Van Gogh - ispirata proprio a Kiku - le foto tenui della Scuola di Yokohama e forse anche le bambole di Hatsuko Ôno, dato che agli occhi dello straniero le giovani rimangono dei giocattoli graziosi, piccoli e fragili ma superficiali.



 
 

Nessun commento:

Posta un commento