domenica 16 agosto 2015

LAUREL CANYON



 
LAUREL CANYON di Lisa Cholodenko non è un film memorabile. Alex e Sam arrivano alla casa della madre, produttrice discografica, e si trovano a dover convivere con lei e con la band che sta registrando un disco. Mentre Alex tenta di scrivere la propria tesi di genetica (sulla drosofila), Sam inizia il tirocinio da psichiatra in un ospedale e dà prova di umanità nel trattamento dei casi, ascoltando i pazienti e non limitandosi a curarli con la terapia farmacologica.

Alex però è sempre più coinvolta in una storia a tre con Ian e la madre di Sam mentre lui comincia a provare attrazione per Sarah, una collega giunta da Israele per uno scambio.

Ci sono dunque alcubi spunti che però non vengono sfruttati a dovere perdendosi nel pastiche vacanziero. Il primo punto, quello più evidente nelle parole stesse dei personaggi è la dicotomia STIMOLANTE /NON STIMOLANTE: poco padrona della lingua, Sarah definisce il lavoro scientifico di Alex “non stimolante” come sinonimo di accademico e noioso; al contrario la vita sregolata dei musicisti e di Jane pare stimolante per la ragazza che non ha mai imparato a lasciarsi andare (ma il lasciarsi andare è qualcosa che s’impara?). Il discrimine è tra normalità e sregolatezza, senso di realtà e voglia di fuga. Laurel Canyon è quindi un luogo fisico ma soprattutto una parentesi nella quale tutto può cambiare. Questo si riflette anche su Sam, attraverso il suo lavoro e il suo rapporto con l’Altra che viene in parte sublimato da uno slittamento platonico, parlato e poco agito.

L’aspetto antropologico dell’incontro tra la cultura ebraica e quella statunitense resta solo implicito e non ha seguito, tanto che si riduce a un dettaglio sullo sfondo.

Gli attori non sono da ricordare se non la grande Frances Mc Dormand (Jane) che, col suo tocco, rende degna anche la storia più insulsa. Per il resto il cast non annovera nomi di rilievo, se non si considerano i blockbusteroni degli ultimi anni. Christian Bale (Sam) è espressivo come una melanzana e anche Benkinsale (Alex), reduce dai vari “Underworld” è solo di poco sopra la sufficienza.

Il film si propone da subito come una riedizione di “Almost Famous” e, se non centra assolutamente l’obiettivo, ha comunque una buona colonna sonora alternative pop, in cui spiccano Mercury Rev e T-Rex oltre ad alcuni brani originali composti e cantati da Alessandro Nuvola(Ian).

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